Dove finisce l’Africa? Seduto sul divano, di fronte al planisfero Ikea attaccato alla parete del salotto, ogni tanto parto con il trip e attraverso idealmente questo enorme continente: deserti, foreste equatoriali, savane… un viaggio immaginario che puntualmente finisce per interrompersi a Città del Capo, in quell’angolino in fondo a sinistra. Perché proprio lì? Forse perché di fronte a qualcosa di troppo grande cerco un appiglio, un margine da cui cominciare. Oppure semplicemente per il nome: Cape Town… dove si incontrano due grandi oceani, dove l’Africa guarda l’Antartide, dove gli antichi navigatori sfidavano le tempeste lungo la via per le Indie.


Il pensiero dura poco: come succede per tanti altri luoghi desiderati, torno alle mie faccende e nella testa non rimane altro che una traccia sbiadita: un posto remoto, esotico, dove chissà quali storie accadono e sono accadute in passato. Senz’altro un posto dove non riuscirò mai ad andare. Poi un giorno mi ritrovo su un aereo, destinazione Sudafrica, per una serie di motivi che non hanno alcun peso ai fini di questo racconto. L’importante è avere l’opportunità e la fortuna di partire… Non ho neanche il tempo di prepararmi mentalmente che insieme a un amico, Niccolò, sono in quel luogo il 28 dicembre 2019. Catapultato sul posto, il contenitore vuoto “Sudafrica” inizia a riempirsi di elementi reali e posso iniziare a sperimentare sulla pelle il clima e l’atmosfera di Città del Capo.

Cape Doctor: il vento di Cape Town
Città del Capo brilla nel pomeriggio d’estate e l’intensità della luce mi ricorda Lisbona, quella tipica nitidezza delle città affacciate sull’oceano e continuamente rinfrescate dalle brezze. In realtà quella che soffia oggi è molto più di una semplice corrente d’aria, ma un vero e proprio vento. Cerco di fotografare Niccolò mentre si incurva per fronteggiare le raffiche violente che s’insinuano tra i grattacieli del centro, facendogli quasi perdere l’equilibrio. Che vento assurdo! Mi ricorda alcune scene di bora a Trieste, ma con una temperatura di 25 °C. È un fenomeno così ricorrente, in particolare nella stagione estiva, che gli abitanti lo hanno ribattezzato con affetto: lo chiamano Cape Doctor, con riferimento all’effetto benevolo di questo vento da sudest che spazza via inquinamento e ripulisce l’aria, guarendo i malanni di Città del Capo.

L’origine di questo fenomeno meteo sta nella differenza di temperatura tra l’oceano, freddo tutto l’anno e l’altipiano alle spalle della città, dove le temperature tra novembre e marzo sono torride. Il divario termico causa anche un divario di pressione, provocando lo spostamento di masse d’aria dalla zona più fredda a quella più calda, secondo un meccanismo proprio della fisica ben noto a chi mastica meteorologia. Una volta in moto, la massa d’aria sale da est sull’altipiano alle spalle della città e ridiscende dal crinale acquisendo ulteriore forza, investendo in pieno il centro.

Il Cape Doctor ci schiaffeggia all’uscita da un negozio di dischi e vinili su Long Street e cerchiamo rifugio in una via meno esposta che sale verso il quartiere di Bo-Kaap. Il rione è famoso per le sue casette colorate costruite in passato dalla colonia malese. Città del Capo fu fondata dagli olandesi nel ‘600 come scalo per le navi dirette nelle Indie ed accoglie una grande varietà di etnie, avendo appunto rappresentato in passato il punto intermedio tra Asia e Europa. Oggi la città continua ad attrarre lavoratori e turisti da tutto il mondo. Rispetto ad altre zone del Sudafrica si respira un’atmosfera più “occidentale”, modaiola ed europea. Tuttavia nelle periferie e nelle township permangono ancora molti dei problemi di quel Sudafrica devastato dall’apartheid e dalle discriminazioni razziali. Ho in mano questo libro di uno scrittore locale di cui riporto tradotta la quarta di copertina:

La città in cui i turisti si recano a scalare picchi nebbiosi, ammirare tramonti da favola e cenare in raffinati ristoranti, mentre in zone meno conosciute della città bande armate si sfidano a colpi di pistola.
Quando ci si trova a passeggiare in un pomeriggio di vento, il segreto sta nel capire quali zone sono più riparate. Nel dubbio, entriamo nel SunSquare City Bowl, un hotel a 10 piani. Anche se non si è clienti, si può prendere l’ascensore e andare all’ultimo piano, dove si trova un rooftop bar circondato da vetrate. Un ottimo posto per farsi un’idea della geografia urbana di Città del Capo e starsene per un po’ al riparo dalle raffiche.
La Table Mountain
Insieme al vento, il primo elemento che colpisce la nostra attenzione a Città del Capo è una montagna dalla forma assai originale. La si vede fin dall’arrivo all’aeroporto e man mano che ci si avvicina alla città i suoi contorni diventano più nitidi. “The Table”, indica il tassista, che ha tutta l’aria di chi ripete per l’ennesima volta quella parola ai turisti in arrivo. La Table Mountain è l’icona cittadina e fa parte dell’immaginario comune degli abitanti. È una montagna dalla cima piatta, alta circa 1000 mt, sede di miti e leggende scaturite dalla perenne coperta di nubi che ne avvolge la sommità.


Nel poema epico “I Lusiadi” (1572) il poeta portoghese Luís de Camões individuò nella montagna il corpo del titanico Adamastor, il gigante dei mari che terrorizzava i navigatori al largo del Capo di Buona Speranza diretti verso le Indie. Per gli Africani invece la Table Mountain custodisce Umlindid Wemingizimu, un gigante che protegge la terra ferma dalle creature del mare. E ancora, in merito alle nuvole che stazionano sulla cima, è tutt’oggi viva la leggenda del pirata olandese Van Hunks, grande fumatore di pipa che amava rilassarsi sulle pendici della montagna. Un giorno un uomo, che si sarebbe poi rivelato il diavolo in persona, lo avvicinò sfidandolo a fare cerchietti di fumo. Dalla competizione sarebbe nata la nebbia che avvolge la Table.

Tornando alla meteorologia, il fenomeno della coperta di nubi è ben spiegabile: accade infatti che il vento (Cape Doctor) sfrutti questa montagna come una sorta di rampa, sollevando l’umidità fino al crinale, dove il vapore acqueo si addensa in un rotolo di nubi bianche. La Table Mountain si può visitare (anzi si deve!) anche perché è uno splendido parco naturale, ed è quello che facciamo. Ai piedi della montagna parte una cabinovia che in 7 minuti conduce alla vetta, ma lasciamo questa opzione per il ritorno, scegliendo al contrario di salire a piedi lungo uno dei sentieri tracciati che in circa 2 ore conducono alla cima.
Il passaggio dal sole cocente alla nebbia avviene a pochi metri dalla sommità e ci troviamo dentro alla “tovaglia” (come è chiamata la nube che staziona sulla Table), con una temperatura che rispetto al centro urbano è calata di circa 6 °C, attestandosi sui 17 °C. In vetta il vento è ancor più violento e fa soffrire i turisti con abbigliamento non adeguato (sempre necessari una giacca a vento leggera e un cappello).

Il panorama che da quassù si ammira su Città del Capo è strabiliante. Si osserva il porto, la zona turistica chiamata Waterfront, lo stadio, i grattacieli del centro, le spiagge di Clifton riparate dal vento. Si scorge Robben Island, l’isola dove fu incarcerato Nelson Mandela durante il lungo regime di apartheid. La visibilità è perfetta perché nel ridiscendere il versante nord della montagna il vento perde del tutto la componente umida e giunge in centro molto secco e violento, come abbiamo sperimentato poche ore prima sulla nostra pelle.
Clima secco: la crisi idrica
Il clima è oggi un argomento di primo piano a Città del Capo. Ne sentirete parlare ovunque, e non solo dagli appassionati di surf o dagli escursionisti diretti sulla Table Mountain. Il clima è attualità perché la città ha vissuto una grave crisi idrica, la prima della storia in termini così importanti. I bacini di acqua che riforniscono Città del Capo si sono quasi del tutto esauriti durante la siccità del 2017–18. Anche a causa di una popolazione in costante aumento, il governo si è trovato ad affrontare il tema molto serio dell’approvvigionamento dell’acqua. Se viaggerete a Città del Capo, ovunque sarete invitati a non sprecare a acqua e a mantenervi nei limiti dei 50 litri al giorno pro capite.

Insieme a Niccolò riflettiamo su questo quantitativo realizzando che non è affatto molto se pensiamo a quanta acqua consumiamo ogni giorno per ogni semplice operazione (la media mondiale è di 185 litri al giorno!). Nell’ostello in cui alloggiamo, Arthur è un ricercatore universitario arrivato dalla Romania per studiare il caso “Cape Town”, la prima metropoli seriamente minacciata dalla crisi idrica. Racconta che “gli anni dal 2015 al 2018 sono stati i più secchi nel paese dal 1933, cioè da quando viene registrata l’umidità in Sudafrica. Dai 900 mm di pioggia annua medi si è arrivati a soli 500 mm. L’arrivo di piogge più consistenti nel 2019 ha per ora rimandato la crisi, ma il livello di guardia è sempre alto”.
Consigli di viaggio in sintesi
QUANDO ANDARE
Cape Town è una meta adatta in ogni periodo dell’anno.
- L’estate (da novembre a marzo) è dominata da sole e dal vento, con temp. max di 25 °C e minime di 19 °C.
- In inverno (maggio-agosto) aumenta leggermente la possibilità di pioggia e il cielo è più nuvoloso, ma in un contesto comunque mite (temp. tra 18° C e 11 °C) e piacevole.

Ovviamente d’inverno il clima si fa più rigido sulla Table Mountain, ove raramente può anche nevicare. Accade per esempio quando la zona di Cape Town viene raggiunta dai venti antartici. L’Antartide dista da qui 3600 km ma le correnti polari, non trovando ostacoli sul loro cammino, possono interessare ogni tanto il Sudafrica meridionale. Le stagioni intermedie sono ugualmente ideali, con il vantaggio che si evitano i periodi di massimo afflusso turistico (il cui picco è tra Natale e Capodanno).
CONTESTO GEOGRAFICO

Il Sudafrica ha una superficie pari a 4 volte quella dell’Italia ed è caratterizzato da un grande altipiano compreso tra i 1000 e 1800 metri di altitudine. Si tratta di una vasta piattaforma che si interrompe bruscamente nei pressi delle coste oceaniche, dando vita a profondi canyon.
La Grande Scarpata
Gli orli di questo altopiano prendono il nome di Grande Scarpata. Cape Town si trova nella provincia del Capo, nell’area sud occidentale del Paese, sulla costa atlantica. Rispetto all’altopiano, dove il clima è semi arido continentale, con grandi escursioni termiche sia stagionali giornaliere, il clima costiero è di tipo mediterraneo, con escursione termica ridotta. A sud di Città del Capo si incunea nel mare la Cape Peninsula, che culmina nel Capo di Buona Speranza, il temuto promontorio che segnava la svolta nella navigazione degli antichi verso le Indie. Il punto più meridionale del Sudafrica è invece Capo Agulhas, dove convenzionalmente si incontrano Oceano Atlantico e Oceano Indiano.
MIGLIORI PANORAMI
- Oltre alla Table Mountain, si segnalano Lion’s Head e Signal Hill, le due colline che dividono la parte costiera della città da quella più interna. Bella vista anche da Lagoon Beach, a nord del porto, una grande e ventosa spiaggia frequentata da kitesurfer.
DOVE DORMIRE
- Atlantic Point Backpacker – Waterfront: un ostello molto confortevole frequentato da turisti di tutto il mondo, in posizione eccellente.
PER CENA
- Ristorante etiope Addis in Cape
COLONNA SONORA
LIBRI
- Mario Zamponi – Storia breve del Sudafrica (Carocci Editore)
- John Maxwell Coetzee – Vergogna (Einaudi)
PREVISIONI METEO
Testo: Lorenzo Pini
Foto e video: Niccolò Valiani