Dall’Isola di Elafonisos alla penisola di Mani. Viaggio in 4 tappe nella più verace estate mediterranea. Sole cocente, olivete, cicale, terreni aridi e aria intrisa di resina e salmastro, calamari ai ferri e dolci a base di miele, spiagge deserte e incontaminate.
Il canto assordante di milioni di cicale entra dal finestrino a folate. Sassi e sterpaglie coprono il fianco di una montagna senza nome. Il mare che bagna l’estremità sudorientale del Peloponneso compare dietro una curva, immobile come piombo fuso. Alle 14 il termometro segna 35 °C. Il vento di meltemi che ha soffiato fino a ieri (secco, da nord) ha ripulito l’aria. È una normale, torrida giornata di luglio a Pounta, anonima cittadina dalla quale ogni mezz’ora partono traghetti per l’isoletta di Elafonisos.

Tappa 1: Elafonisos
Nell’isola l’influenza mitigatrice del mare si sente. Le massime non superano i 32 °C e la notte non si scende sotto i 27 °C. Un tipico clima insulare mediterraneo, con ridotta escursione termica e brezze di mare che si attivano a partire dalle 11 del mattino. Elafonisos e il suo porticciolo sono l’approdo per turisti in cerca di meraviglie.
La spiaggia di Simos è ritenuta una delle più belle del Mediterraneo. A seconda del vento, grazie alla sua conformazione a doppia falce, si può sempre trovare acqua calma e trasparente. Nel centro abitato di Elafonisos la notte estiva porta con sé temperature ottimali per cenare all’aperto e nell’aria aleggia il buon odore del pescato del giorno cucinato dalle mogli dei pescatori.
Tappa 2: Golfo di Laconia
Il vantaggio di viaggiare in auto è quello di potersi fermare ogni istante, cambiare idea all’ultimo momento, prendere un bivio per le località sconosciute del Peloponneso. Oggi l’umidità nell’aria è aumentata. Il meltemi è scivolato via verso le Cicladi e il cielo si è fatto di un azzurro più chiaro. L’atmosfera immobile che si respira è tutta nei volti dei vecchietti di un bar a Papadianika, nel golfo di Laconia. Un caffè denso e polveroso insieme a loro è d’obbligo. Sembra una zona ancora poco frequentata dai turisti.

Nei dintorni di Papadianika un solo camperista si gode la spiaggia di rena sotto alla chiesetta di Agia Marina. Lungo la tortuosa strada che porta a Gythio la temperatura segna 36 °C e l’afa è insopportabile. I venti si sono disposti da sud e il relitto di Dimitrios compare nell’aria tremolante del mezzogiorno. Arenata sulla spiaggia di Valtaki dal 1981, la storia di questa nave ha contorni foschi. Pare essere stata sequestrata perché contrabbandava sigarette tra Grecia e Turchia e poi data alle fiamme. Oggi è divenuta un simbolo di Gythio, il vecchio porto di Sparta, dove nel mito Paride baciò Elena prima di scatenare la guerra fra Sparta e Troia.

Tappa 3: Mani orientale
La Penisola di Mani rappresenta il dito di mezzo del Peloponneso ed è un prolungamento in mare della catena montuosa del Taigeto, che digrada nel Mediterraneo vetta dopo vetta, dai 2400 mt del Profitis Ilias alle cime oltre i 1000 dei Monti Cattivi, sull’estremità meridionale della penisola.

La conformazione geografica, una sorta di Calabria in miniatura, più arida e scoscesa, ha fatto del Mani un luogo storicamente poco accessibile, segnato per lunghi secoli da sanguinose faide tra abitanti, in lotta tra loro per accaparrarsi quel poco di terra per coltivare e sopravvivere. Per questo motivo il luogo è caratterizzato da un’architettura molto specifica delle abitazioni. Torri, torrette, fortificazioni e bastioni, come tante piccole San Gimignano, spuntano ovunque man mano che si procede verso sud.

Nel Mani avere la torre più alta ha significato – fino alla metà dell’Ottocento – poter sovrastare il vicino, prenderlo a sassate e fucilate se necessario, distruggerlo e costringerlo a scappare. Oggi questi assurdi villaggi di torri del Peloponneso, persa la loro funzione, sono in gran parte in rovina. Camminare nelle vie di Lagia, uno di questi villaggi fantasma, tra i muri invasi dai fichi d’india, nel torrido meriggio mediterraneo, è un’esperienza metafisica. Il profumo di timo e il puzzo di sterco di capra si mischiano in un impasto che rimanda all’infanzia in campagna. Il canto delle cicale, inarrestabile e assordante, riecheggia nel silenzio eterno del Mani fino a divenire un sottofondo non più percepibile.
Lagia e le sue case-torri

La chiesetta di Lagia fu affrescata con storie della vita di Cristo per cercare di pacificare le liti e le vendette tra abitanti.
Per riprendersi da questo stato di catalessi, basta scendere in una qualsiasi stradina verso il mare e tuffarsi. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Skoutari, Kotronas, Flomochori, Kokkala. In ognuna di queste località si aprono piccole baie di sassi bianchi e mare cristallino, quasi sempre deserte (o almeno è così in luglio).

Il Mani orientale è percorso da un’unica strada a strapiombo fino a Capo Matapan, la punta più a sud del Peloponneso e della Grecia continentale. Il faro qui presente separa il golfo di Messenia a ovest dal golfo di Laconia a est. Una zona remota, inquietante di notte, dove solo le cassette colorate per la pratica dell’apicoltura ricordano un segno di presenza umana.

Tappa 4: Mani occidentale
Quando guardo una mappa finisco sempre per mettere il dito su strade secondarie, tortuose, che toccano estremità geografiche in luoghi marginali. Sarà per questo motivo che sono finito a Vathia, un altro villaggio fantasma alto su un colle, dove si danno appuntamenti tutti i venti. Chi abita nel Mani convive con condizioni climatiche non facili, a dispetto della latitudine e del mare mitigatore. Dalle montagne, specie d’inverno, scende un vento furioso, che scoperchia i tetti. Sul Taigeto imperversano bufere di neve fino a primavera, e le tempeste di scirocco sono un incubo per i navigatori che doppiano Capo Matapan. In occasione di temporali, fiumi d’acqua e fango scendono con facilità dai fianchi ripidi delle montagne, trasportando detriti e sassi fino al mare.

Un luogo per niente facile, nonostante oggi, in questo fine pomeriggio di luglio, appaia quanto di più poetico, calmo e accogliente. L’on the road prosegue a questo punto risalendo in direzione nord la costa occidentale. Ora il litorale segue una piattaforma rocciosa alta e livellata, interrotta dalle consuete calette. Gerolimenas, una perla incastonata sotto una scogliera, fu il porto principale per i pirati manioti. Più a nord, si rivedono i pulmann turistici. Vanno a Pyrgos Dirou a visitare le grotte e sembrano non accorgersi che lì accanto, bordata di tamerici, c’è una delle più belle spiagge di questa zona.

Ciottoli bianchi, falesie di roccia rossa e nera. Il gioco di colori che si accendono con la luce tagliente (il sole che tramonta a ovest suggerisce di fare questo tratto nel pomeriggio) accompagna il viaggio fino ad Areopoli, Limeni (delizioso porticciolo), Agios Nikolaos e Kardamyli.
Proprio nei pressi di quest’ultimo paesino di mare del Mani visse e scelse di far spargere le sue ceneri Bruce Chatwin, leggendario scrittore di viaggio. Nel 1989 il rito fu celebrato in una piccola cappella di Exochori, tra le olivete alle spalle di Kardamyli. Chatwin placò la sua irrequietezza in quest’angolo di Grecia dove i cipressi si spingono sul mare e la vegetazione si fa finalmente più verde. Qui le correnti occidentali si scontrano con la parte più alta del massiccio del Taigeto favorendo maggiori precipitazioni. Non ora però. Il cielo di luglio non lascia speranze e il sole colpisce fino all’ultimo raggio.
L’ultima tappa di questo itinerario nel Peloponneso è Kalamata. La città (70 mila ab.) segna la fine del Mani e anche dell’atmosfera onirica di questi oltre 300 km nella più verace estate mediterranea, quella fatti di olivi, cicale, terreni aridi e aria intrisa di resina e salmastro, calamari ai ferri e dolci a base di miele. Da Kalamata l’autostrada rispedisce rapidamente verso Sparta e Atene tagliando in due il Peloponneso. Chi preferisce a Kalamata può trovare anche un comodo aeroporto con collegamenti per Milano e Pisa.

Info utili:
- Quando andare: a fine giugno-inizio luglio e settembre la pace è assicurata
- Voli: dall’Italia per Atene o Kalamata (soluzione più comoda)
- Noleggio auto: necessario un mezzo proprio. Si trovano vari noleggi nei pressi dei due aereoporti
- In valigia: crema solare, cappello, sandali robusti e da acqua, maschera/occhialini, dizionario di greco (poco conosciuto l’inglese dalle persone più anziane, specie nel Mani)
- Colonna sonora: Egia Mola – Kostas Makedonas
- Cibi da provare: oltre ai classici intramontabili (greek salad, tzatziki, souvlaki e tutto il pesce fresco fritto o ai ferri) da provare polpette di zucchine menta e feta, purea di cicerchie, mousse di yogurt con mele cotogne caramellate o con miele e cannella.
- Libri: Mani. Viaggi nel Peloponneso (P.L. Fermor – Adelphi). Una vera, appassionante bibbia per chi intraprende questo viaggio.
Lorenzo Pini
7 commenti
Magnifica descrizione. Sembra di viverla nuovamente. Si perché anch’io ho avuto la fortuna di scoprire il Peloponneso
Grazie. Una terra magica in cui tornare ancora perché c’è molto da scoprire e approfondire…
La descrizione dei luoghi é cosi accattivante e suggestiva che mi è venita voglia di andarci al più presto.
Grazie Anna. Ti auguro di poter andare quanto prima così mi racconterai le tue impressioni
Complimenti! Posso sapere quanti giorni è durato il tuo viaggio?
Grazie Giulia. Viaggio di una settimana, con sosta iniziale ad Atene e ritorno sempre da Atene. Nel Peloponneso 5 giorni totali di cui 3 nell’isola di Elafonisos.
Grazie per questo racconto che mi ha trasportato immediatamente in un’altra dimensione. Ho sempre sognato di fare la Grecia in auto partendo dall’Italia.