di Davide Pianezze / da Rivistanatura.com
Anche oggi lโeroica Renault Clio acquistata due mesi fa a Santiago del Chile mi ha portato a destinazione. ร totalmente ricoperta di fango, tranne le due mezze lune del parabrezza ripulite dai tergicristalli. Da lontano sembra ormai una zolla di terra a quattro ruote che vaga per la Patagonia.
Ogni volta che mi fermo per chiedere informazioni, fare rifornimento, cercare un meccanico, entrare in un ristorante, in un albero o in un negozio, mi sento rivolgere la stessa domanda: ยซDa dove arrivi con quella macchinina e dove vorresti andare con queste strade?ยป Anche la mia risposta รจ sempre la stessa: ยซArivo da Visviri (il paesino piรน settentrionale del Cile, al confine con Perรน e Bolivia) e vado a Punta Arenasยป (la cittร piรน a sud del mondo sulla terraferma).
La replica sembra esser stata stampata su un volantino e distribuita su tutto il territorio giusto in tempo per il mio arrivo: ยซร impossibile arrivare a Punta Arenas con quella macchinina, รจ meglio se torni indietro!ยป Saranno stati i miei eloquenti gesti scaramantici di quei momenti o la mia ostinata caparbietร , ma aย Punta Arenasย in qualche modo ci sono arrivato.
Oggi per me รจ un giorno memorabile, ho raggiunto il Parco Nazionale Torres del Paine, ultima e piรน importante tappa fotografica del mio viaggio in Cile. ร il Parco Nazionale piรน famoso di questo Paese, cosรฌ lungo da attraversare quasi tutti gli ecosistemi del pianeta Terra.
Lโunica certezza รจ il vento
Conoscendo lโimprevedibilitร del tempoย in queste regioni, dove lโunica certezza รจ il vento, il tour operator locale che supporta il mio progetto ha previsto per me unโintera settimana di permanenza in lodge allโinterno del parco, in modo da aumentare le probabilitร di successo fotografico.

Per qualsiasi fotografo le cime di Torres del Paine rappresentano una vera sfida proprio per via del meteo tanto capriccioso.
La camera del lodge si affaccia direttamente sul massiccio, ma al momento del mio arrivo riesco a vedere solo una laguna che, a poche centinaia di metri, si confonde con una densa coltre di nuvole cariche dโacqua. La grande vetrata della camera amplifica il rumore della pioggia che cambia continuamente direzione in balia delle folli raffiche di vento. Al momento della sveglia la situazione non รจ cambiata e lo scroscio dellโacqua mi persuade a rigirarmi per tentare di prendere sonno. La tarda mattinata si presenta plumbea ma non piรน piovosa, cosรฌ parto per un sopralluogo in cerca di un punto panoramico che mi soddisfi, anche se il massiccio del Paine non sembra intenzionato a svelarsi.
Cammino per ore lungo sentieri fangosi che risalgono le colline del parco, tra praterie e faggi australi, in compagnia di guanachi, volpi e nandรน (parenti stretti degli struzzi africani, meglio conosciuti come โBeep Beepโ del cartone animato โWilly il Coyoteโ). Scelto un punto panoramico, facendo affidamento soprattutto a una buona dose di fantasia in quanto le nubi nascondono inesorabilmente il panorama, rientro al lodge cronometrando il tempo di percorrenza.

In cammino due ore prima dellโalba
Ore 5:45, suona la sveglia, scendo dal letto e mi avvicino al finestrone dove, nonostante il buio piรน totale e gli occhi ancora appannati, riesco a constatare lโassenza delle precipitazioni.
Non ho molto tempo per preparami, raggiungere il punto panoramico individuato il giorno precedente, preparare lโattrezzatura e attendere lโalba prevista alle 7:42. Percorso qualche chilometro rivolgo lo sguardo verso lโalto e inizio a intravedere le striature del cielo che si illuminano. Le colline circostanti nascondono la linea dellโorizzonte a est, negandomi la possibilitร di individuare il punto preciso dove nascerร il sole e soprattutto non mi permettono di capire se la luce troverร un varco azzurro tra le nuvole.
Parcheggio lโauto e inizio a risalire la montagna fino a raggiungere il punto prestabilito. Ora il massiccio del Paine รจ interamente visibile. La nuova situazione mi suggerisce di cambiare la posizione scelta il giorno precedente per migliorare il punto di ripresa. Corro per raggiungere una cima piรน alta rispetto a quella scelta, dove i riflessi del lago dovrebbero apparire piรน evidenti. Devo arrivare prima dellโalba.

Posizionata e impostata lโattrezzatura non posso fare altro che aspettare e sperare che i primi raggi del sole trovino un passaggio a est tra le nuvole per illuminareย una delle montagne piรน belle al mondo. Lโintensificarsi della luce evidenzia sempre piรน la divisione di colore tra la roccia granitica (grigio chiaro) e laย roccia metamorficaย (quasi nera) che ne ricopre la sommitร , caratteristica che rende queste montagne uniche al mondo.
Allโimprovviso le nuvole si colorano di fucsia, il cielo diventa turchese, la roccia sembra incendiarsi e la neve si rispecchia nella laguna Pehoรจ. Una magia che dura qualche secondo, giusto il tempo per i pochi scatti tra i quali ne verrร scelto uno per la copertina del libro dedicato al โPaese sottileโ. Poi il sole si nasconde dietro alle nuvole; mi siedo su una roccia, prendo fiato e ammiro la meraviglia che mi circonda.
Il momento dello scatto
Molti ritengono che il risultato di una buona fotografia paesaggistica dipenda nella maggior parte dei casi quasi esclusivamente dal fattore fortuna.
ร innegabile che rispetto ad altri tipi di fotografia, come quella sportiva o la street photography, i tempi di reazione risultano mediamente meno concitati. Ma รจ anche vero che ad esempio durante unโalba con nuvole che si muovono rapidamente e raggi di sole che ridipingono continuamente lo scenario, รจ necessario rimanere estremamente concentrati. Lโesposizione dovrร variare costantemente in base alle zone di luce che si vogliono evidenziare e che aumentano e diminuiscono a loro piacimento.
ร quindi importante saper improvvisare e non farsi cogliere di sorpresa. Una fase fondamentale (e spesso molto fisica), della fotografia paesaggistica, รจ la ricerca del punto di ripresa che puรฒ necessitare ore, a volte giorni, con piรน sopralluoghi per valutare differenti angolazioni e condizioni di luce.

Per quanto riguarda lo scatto in questione, dopo aver identificato il punto di ripresa posizionai saldamente il mio cavalletto a terra, assicurandolo con una cinghia a un ramo per evitare che venisse portato via dalle raffiche di vento. Raffiche che in Patagonia sono improvvise e possono superare abbondantemente i 100 chilometri allโora.
Poi rimasi in attesa, sperando che allโaltezza dellโorizzonte ci fosse almeno una striscia di cielo libero dalle nubi (dalla mia posizione non potevo vedere lโorizzonte a est).
Impostai il diaframma a f 18 (quindi chiuso) per dareย maggior dettaglio, regolai la sensibilitร del sensore al minimo (100 ISO) perย ridurre il rumore elettronicoย e mi concentrai sui tempi di scatto che modificai costantemente in base ai dati ricevuti dallโesposimetro e alle variazioni delle aree illuminate del massiccio di fronte a me.

Il libro fotografico di Davide Pianezze dedicato alla Panamericana cilena, edito da Velar nel 2009. Link.
Dati tecnici
- Data: 19 Settembre 2005
- Corpo macchina: Nikon D2x
- Obiettivo: Nikon 17/55 f2,8
- Lunghezza focale al momento dello scatto: 17 mm.
- Apertura diaframma: F17
- Tempo otturatore: 1/20
- Compensazione esposizione: 0
- Sensibilitร sensore: ISO 100
- Modo di ripresa: M (manuale)
VIAGGI FOTOGRAFICI di Davide Pianezze:ย www.fattoreulisse.com
Articolo gentilmente concesso da Rivistanatura.com
Link all’originale qui