Intervista a Navdeep, artista originaria del Punjab, la terra dei cinque fiumi
In copertina: lungo il fiume Ravi, al confine tra Punjab e Pakistan
LitteraTrip in questo numero si rivolge all’altra parte del mondo, in India per essere precisi. Nelle righe che seguiranno, avrete modo di conoscere un’artista indiana, originaria della regione del Punjab, nell’estremo nord del Paese. Il suo nome è Navdeep, ma gli amici la chiamano più comunemente Nav.

È un’attrice, una pittrice, una danzatrice e una scrittrice. Vive da molti anni in Italia, ma non ha dimenticato le sue origini indiane – che onora nel suo parlato, calmo e pacato, sempre profondo e accogliente. Nav, appassionata di viaggio e turismo, ci regala un breve ma raffinato scorcio sulla cultura indiana, nelle sue luci e ombre, sul turismo slow, lento e riflessivo con un occhio teso all’arte e alla poesia.

Il turismo sta pian piano riscoprendo il suo carattere slow: non è più un turismo che si ferma al luogo visitato per depennarlo dalla lista dei desideri ma è un turismo che sta riscoprendo la profondità. La lingua e la letteratura sono senz’altro aspetti che si possono, anzi, devono considerare come parte del turismo slow. Cosa ne pensi?
La lingua e la letteratura sono elementi fondamentali che portano ad appassionarsi ad una determinata terra. Nel caso dell’India tali elementi sono novità ed attrazione per qualcosa di completamente diverso da parte degli occidentali. Chi visita l’India generalmente e se capita che se ne innamori, non vorrebbe solo visitare i vari luoghi ma abbracciarli ed assorbirne una parte immergendosi nella cultura a partire dalle parole.

Ti faccio l’esempio del regista Roberto Rossellini, che partì con l’intento di girare un film documentario – “Matri bhumi” (Terramadre), che tra l’altro è possibile vedere su YouTube– dopo aver imparato un centinaio di parole in sanscrito per arrangiarsi alla meglio e se ne tornò in Italia addirittura con una moglie Indiana.
Se dovessi chiederti quale racconto, quale libro, quale storia o mito ti ricordi legato alla tua infanzia in India e quale aspetto della tua regione d’origine meglio descrive, cosa sceglieresti?
I racconti legati alla mia infanzia, che posso ricordare sono storie di stupore e magia legate ai luoghi, come per esempio le acque sacre del Tempio d’oro dei Sikh in Amritsar, nella regione del Punjab. Un racconto in particolare parla della magia di quelle acque, dove si immergevano i corvi ed uscivano fuori dei cigni bianchi.
«C’era una volta un Re che domandò alle sue cinque figlie chi fosse il più grande, il più magnanimo e generoso su quella terra. Quattro delle figlie indicarono il proprio padre, il Re, mentre la quinta disse che la risposta era il divino. Al che, il Re s’arrabbio e si vendicò dandola in sposa ad un miserevole uomo monco e malato. Le altre figlie invece convolarono a nozze con grandi e potenti principi. Una sera la quinta figlia portò a passeggio il proprio marito e senza saperlo s’imbatté nel lago delle acque magiche. Il marito decise di fare un bagno e ne uscì completamente trasformato, sano ed intero. E quando le si presentò di fronte, lei non volle credere di vedere il proprio marito. Lui le mostrò un dito che aveva tenuto fuori dalle acque e le diede la prova, immergendo anche l’ultimo dito rimasto che venne così risanato.»
La maggior parte dei racconti sono legati alla religione e al sacro.

L’India è un paese profondamente spirituale, dove anzi la spiritualità è struttura e costituzione del luogo stesso. Io non sono mai stato in India ma mi è stato raccontato che è un Paese che non lascia indifferenti – forse, come un po’ l’Africa. Quale potrebbe essere la sua magia?
In India non c’è nulla che non sia spirituale. Dovunque volgi lo sguardo vedrai religione, a partire dal bracciale di chi guida il tuc tuc alle fronti di uomini e donne che portano una puntina di polvere rossa stampata in viso, ai turbanti colorati che coprono i capi. L’India è un caos di meraviglia, un’altalena che un momento ti fa ridere e il momento dopo ti fa piangere. In India la magia sono le persone, il modo assurdo con cui cavalcano la vita e riescono a sopravvivere e sorriderne.
La complessità dell’India fa sì che questo Paese non viva solo di spiritualità profonda, luoghi magici e atmosfere fiabesche. Ha anche tante difficoltà e tanti “scheletri” nel suo armadio. Secondo te, da indiana, quanto di questo buio viene raccontato? Ma soprattutto, chi può essere oggi un buon portavoce che cerca di far sentire le difficoltà dell’India a chi la vede come solo un luogo fatato?
L’India purtroppo ha molti problemi che riguardano la società. Il maschilismo, la povertà, l’istruzione, la corruzione ecc. L’India moderna, in via di sviluppo corre verso uno stile di vita occidentale e dove manca l’istruzione si crede che basti migrare all’estero per colmare la mancanza di denaro e migliorare lo stile di vita. Questo per certi versi può essere realizzabile ma non sempre possibile e credo che si debba partire in loco dai bambini e da un’istruzione adeguata per tutti, intensificando i controlli sulla pratica illegale dello sfruttamento minorile ma anche migliorando le condizioni di vita con sostegni economici da parte del governo per le famiglie con difficoltà economiche.

Credo che i portavoce di questi messaggi siano l’arte e il cinema, in particolare quello d’autore che racconta la società senza veli, nuda e cruda. Dei portavoce in carne ed ossa della cultura indiana che meritano una nomina sono senz’altro la scrittrice Arundhati Roy e anche Rupi Kaur (poetessa – account Instagram: rupikaur_), nata in India e migrata all’estero. Lei è una artista e scrittrice, una delle più influenti “instapoets” (così vengono chiamati i poeti che pubblicano i loro versi sui social) che accompagna i suoi componimenti con dei disegni per guidare il lettore. Le sue poesie sono scritte in minuscolo, per onorare l’uguaglianza tra tutte le lettere – metafora dell’uguaglianza tra gli uomini: è questa la visione del mondo che guida Rupi Kaur nella sua arte.
A proposito di Instagram e social, da poco hai cominciato anche tu un’attività: insegni hindi a chi si interessa di questa lingua così esotica. Come si chiama il tuo progetto e come pensi che lo porterai avanti?
Il mio progetto nasce su Instagram e si intitola @Hindi_Italiano proprio perché pensato per gli italiani che vogliono avvicinarsi e imparare la lingua Hindi, mosso da diverse esigenze e curiosità. Perché no, il mio progetto @Hindi_Italiano è anche per chi vuole visitare il paese avendo imparato sia a parlare che a scrivere in Hindi, per rendere la sua esperienza di viaggio un’avventura più profonda. La mia idea è quella di far crescere il progetto gradualmente, postando i contenuti che spieghino l’hindi in maniera semplice, passo passo. Questa mia idea è nata durante la quarantena, forse suggerita dalla noia in tanto tempo vuoto. Ho così cominciato a dare lezioni di Hindi online a delle studentesse, la cui passione per l’India mi ha toccato e sconvolto e che mi ha portato a fare qualcosina in più per molte altre persone che ne fossero curiose.

Pensi che possa essere una piccola goccia nel grande mare del “turismo” per sensibilizzare la sua anima slow?
Credo proprio di sì e come mi insegna mia madre “goccia, goccia e riempie il mare”. Penso che ci sia bisogno di vivere i luoghi e di crearne ricordi da portare nel cuore e nella mente. Con la globalizzazione si è persa l’autenticità di molti luoghi e credo che anche l’India andasse fortemente in quella direzione ma ora credo che questa corsa verso qualcosa che ci renda tutti uguali si sia rallentata per fortuna e ci dia la possibilità di stupirci, di rallegrarne e di pensare quanto sia il bello il modo con i colori diversi, che ci dà la possibilità di dipingere anche il caos.
Grazie Nav.
Andrea Calvi