Norilsk si trova in Siberia oltre il Circolo Polare Artico. È la città più a nord del mondo. I suoi 170.000 abitanti lavorano prevalentemente nel settore metallurgico: la città sorge infatti sul più grande giacimento di nichel e palladio del pianeta. E proprio per questo motivo – oltre che per il suo isolamento – fu fondata qui come campo di lavoro forzato in epoca stalinista.
Durante gli anni Sessanta, dopo la chiusura del Gulag, alcuni architetti dettero forma a quella che doveva essere una “città ideale”, secondo i principi socialisti sovietici di lavoro e vita quotidiana. Le miniere e gli impianti estrattivi vennero ampliati fino a fare di Norilsk il complesso minerario per l’estrazione di metalli pesanti più grande del mondo.
Gli edifici furono disposti in modo da ridurre l’impatto dei venti che d’inverno soffiano fortissimi, facendo turbinare la neve. Così la città si è sviluppata senza aree verdi, in un continuo avvicendarsi di cortili e passaggi stretti. L’inverno è estremo: le temperature possono scendere fino a – 50 °C, senza contare la totale assenza di luce per mesi.
Eppure, più del clima, è l’inquinamento che rende impossibile la vita a Norilsk. Quasi 4 milioni di tonnellate di rame, piombo, cadmio, nichel, arsenico, zolfo e altre sostanze chimiche tossiche vengono rilasciate nell’aria ogni anno. La neve, che copre il suolo per 9 mesi l’anno, assume a volte tonalità rosse o gialle, a causa delle piogge acide.
La vegetazione è assente nel raggio di 30 km e i frutti che la terra produce nella breve stagione estiva hanno elevata tossicità.
Ma allora, perché vivere a Norilsk, dove il tasso di tumori è altissimo, la popolazione è afflitta da malattie respiratorie e gli stranieri non possono entrare? (La città infatti è “chiusa” dal 2001). Norilsk vive in un sistema autosufficiente. Il lavoro è sicuro e, anche se bassi, gli stipendi sono sufficienti per coprire ogni bisogno. Ciò che gli abitanti comprano può essere speso solo a Norilsk, isolata dal resto del mondo, in un circolo vizioso che si protrae nel tempo.
I ricavi dei beni acquistati dai cittadini finiscono nelle casse delle industrie minerarie che hanno in mano l’economia di Norilsk. Sono loro le responsabili del tasso di mortalità alle stelle. La Norilsk Nichel, la più grande tra le industrie estrattive, si è impegnata a portare fuori città gli stabilimenti e controllare le emissioni. Forse è questa la minima speranza che incoraggia le famiglie a tramandare la vita in uno dei luoghi più inquinati del mondo, dove perfino il vento e il ghiaccio perenni sono un problema secondario.
La fotografa Elena Chernyshova ha vissuto a Norilsk 7 mesi per documentarne la vita. Di seguito alcune immagini e una sua intervista.
Embed from Getty ImagesLorenzo Pini
4 commenti
ma che meraviglia di città. senza ingerenze straniere, senza immigrazione incontrollata, senza disoccupazione, senza disordini. insomma, per chi ama il silenzio e la tranquillità è un vero paradiso.
Paradiso o inferno?
Un luogo di morte…
E’ semplicemente il prodotto di 70 ‘anni di socialismo reale, o comunismo applicato: La bruttezza, il grigiore e l’angocia elevate a sistema di vita..